Poesia in vernacolo sulla Giostra del Saracino del poeta aretino Tullio Sestini Pubblicata nella rivista“Prospettive nel mondo” di Roma nel 1985 Distribuita dal quartiere di porta S.Spirito alla festa del quartiere nel giugno del 1985.
La prima domenneca de settembre ‘ntu Rezzo, se corre la rinométa “Giostra del Saracino”.
L’aceno dell’uvva ‘ntul l’albero è mezzo E le nane del contado godeno ancora el solarino.
La Beppa de Culcidrone se prepara e se svernazza A nfilere nel catino, le bibite ghiacce, per la “Piazza”.
Intorno in le tre, nel Sagreto del Domo, apparisce Le comparse i cavalieri le déme e tutti i capiteni.
Méi tanta gente s’ardunéta e ‘ngrugnisce Per lunghere l’occhji e fasse posto con le méni, onde premere tù i carabinieri: ‘ntal confusione ammirere del Vescovo la rituele binidizione.
Se snoda doppo el curteo per la scesa, Cesalpino S.Francesco E gionge traverso Guido Monneco e via Roma, ,ntul Corso facendo pòsa e godere un po’ de fresco.
La città ai furistieri un grande spettachelo de folcrore dona.
Sapparte: botte de tamburi, sonéte de trombe nitriti de cavallo Da via Mazzini s’arriva a Borgunto, e qui l’intervallo.
Quande el cannuncino de “Fortezza” dae la cignéta Tutti i saraceni entreno, suddetti, in “Piazza Vasari”.
Dunqua se prepereno per la battaglia così agognéta Perché nissuno vole essere con le lance, alla pari.
I Culcidronesi i Porta del Foro, insomma l’aritini, tanto de S.Spirito e S.Andrea un voglieno essere picini.
Se noteno in “Piazza” i musi più cunusciuti de Rezzo Fasse dal sindeco alle altre ‘llustrissime autorità.
Dreto a testi un manca el Piccoletti, tanto avvezzo A essere el babo de tutto, in queste feste dela città.
Anco el Balestri un se creda che c’è li per zullere, dal primo a l’ultemo armigero deve, murmio controllere.
Con sfavillanti pastrani i “Sbandieratori” irruenti, inventeno giochi da strappere applausi e riconoscimenti.
A chéso se potrebbe rammentere tanti altri aritini Che a la “Giostra” han deto dimolto del loro ardore, come al Monci, non dimentichéto maestro dei tamburini, al Gilardetti che del “Saracino” è stèto grande animatore.
A scivolone nella “Piazza” quande ‘ncumincia la “Giostra”.
Tutti i sguardi sono arvolti al “Buratto re delle indie”.
E tra la follas’intoneno canzoni di casa nostra, mentre i cavalieri a lancia tratta tenteno un punteggio pingue.
Doppo le otto carriere dei nvelli “Donatino”.
I Magistrati Assegneno la vinceta ai più bravi e anco ai fortuneti.
La “Giostra” è finita: scendeno le ombre dela “Pieve” in “Piazza”.
La gente eccitéta e stanca, s’entrufela ‘ntui borghi.
Nel “Rione” vincente, per la gioia, se beve e s’impazza E alla “Chiaveca” come a S. Agustino se noteno l’ingorghi.
Rintrona per tutto un coro “TERRA D’AREZZO UN CANTECO” Del maestro “Pietri”; sperdendosi nell’aure del volgo el sono romanteco.
GOSTO DE REZZO