Palazzo della Provincia di Arezza - Sala dai Grandi - Adolfo de Carolis 1874/1928 - Ritratti di Aretini Illustri
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Capitano di ventura ed uomo politico, fu tra i protagonisti della vita politica e militare del Medioevo in particolare all'interno delle vicende che contrassegnarono lo scontro tra Papato ed Impero.
Nato nel 1250 fu podestà e signore di Arezzo nel 1295 e signore di Lugo nel 1297. Dopo aver tentato di diventare signore di Forlì (1297), contando sulle simpatie ghibelline della città, fu di nuovo podestà di Arezzo nel 1302 e vicario del re Enrico VII di Lussemburgo a Genova tra il 1311 e il 1312. Nel 1313 fu chiamato a Pisa per esercitarvi la signoria.
Il 1315 segna l'anno del massimo fulgore della sua stella nel firmamento del Ghibellinismo toscano, è di quell'anno infatti la Battaglia di Montecatini il fatto d'arme che consolidò ed estese a tutta la penisola la sua fama di abile condottiero.
Si trattava in sostanza di uno scontro impari, da una parte c'era Firenze, in quegli anni una delle città più ricche d'Italia e d'Europa alleata con molte altre città: Siena, Prato, Pistoia, Arezzo, Colle di Val d'Elsa, Volterra, San Gimignano, ecc. ed anche con gli Angioini di Napoli. Dall'altra parte stava Pisa, città sostanzialmente in crisi dopo la Battaglia della Meloria e Lucca, città occupata militarmente dallo stesso Uguccione e quindi non del tutto affidabile.
In questo contesto di debolezza Uguccione poteva tuttavia contare su un punto di forza rappresentato da un contingente di 1800 cavalieri tedeschi, mercenari che facevano parte delle truppe imperiali e che si posero al servizio di Pisa a suon di fiorini, ma anche animati da un odio profondo verso i Guelfi e gli Angioini.
In seguito a questa vittoria per molti versi clamorosa ed inattesa Firenze fu abbandonata da gran parte delle città toscane che si affrettarono a chiedere e a ottenere la pace con Pisa, e riuscì a salvarsi solo grazie ad una ritrovata concordia interna.
Nel 1316 i pisani cacciarono Uguccione perché stanchi dei suoi metodi autoritari e dell'esosità delle imposte richieste dalle esigenze militari, questo fatto lo costrinse a cercare rifugio presso Cangrande I della Scala che lo fece podestà di Vicenza. Con questa autorità Uguccione represse duramente la rivolta guelfa del maggio 1317.
Durante il suo servizio per il signore di Verona egli guidò anche la guerra contro Brescia e Padova.
Uguccione della Faggiola morì il 1º novembre 1319, il suo corpo fu portato da Vicenza a Verona per essere tumulato nella chiesa di Santa Anastasia.
"Questo fu il guiderdone che lo popolo di Pisa rendé a Uguccione da la Fagiuola, che gli avea vendicate di tante vergogne e raquistate tutte le loro castella e degnità e rimisserli nel magiore stato e più temuto da' loro vicini che città d'Italia".
Niccolò di Luca Spinelli o Niccolò Aretino (Arezzo, ... – XIV secolo) è stato un orafo e scultore italiano.
Le note biografiche sull'artista sono molto scarse. Si sa che nel 1401 partecipò con Filippo Brunelleschi, Jacopo della Quercia, Francesco di Valdambrino, Niccolò di Piero Lamberti e Simone da Colle Val d'Elsa al concorso organizzato dall'Arte di Calimala per i rilievi della seconda porta del Battistero di San Giovanni di Firenze, vinto poi da Lorenzo Ghiberti.
Sua è la lunetta in terracotta del 1330 sul portale laterale del fianco destro del Duomo cattedrale dei Santi Pietro e Donato ad Arezzo, raffigurante: Madonna col Bambino fra due Angeli e San Donato e il Beato Gregorio X.
Leonardo Bruni, detto Leonardo Aretino (Arezzo, 1º febbraio 1370 – Firenze, 9 marzo 1444), è stato un politico, scrittore e umanista italiano di Toscana, attivo soprattutto a Firenze, della cui Repubblica ricoprì la più alta carica di governo di Cancelliere nella prima metà del Quattrocento. Bruni è considerato come uno dei più importanti storici di tutti i tempi.
Noto anche come Leonardo Aretino, uomo di grande personalità, arguto e forbito parlatore dotato di grande eloquenza, si inserì nella disputa sulla questione della lingua, discussione apertasi con l'avvento della lingua volgare all'interno della lingua in uso - specie in chiave letteraria a quell'epoca. Conobbe Francesco Filelfo ed ebbe come maestro Giovanni Malpaghini.
Nei suoi studi riscontrò fenomeni di corruzione della lingua latina dall'interno, rilevando ad esempio in Plauto le forme di assimilazione linguistica isse per ipse, oppure colonna per columna; teorizzò quindi che il latino si fosse evoluto dal proprio interno, sostenendo l'esistenza di una diglossia: oltre al latino classico, aulico, sarebbe esistito un livello inferiore, meno corretto, usato informalmente nei contesti quotidiani, da cui provengono le lingue romanze. Oppositore di questa teoria fu Flavio Biondo, il quale sosteneva invece che la causa della decadenza del latino fosse stata l'aggressione esterna dei popoli germanici. Gli studi moderni di linguistica hanno mostrato che le due teorie non sono effettivamente incompatibili e che il latino si è evoluto per ragioni sia interne sia esterne.
Nella prima metà del XV secolo si avevano pareri opposti in merito alla dignità del volgare; intellettuali come Coluccio Salutati e Lorenzo Valla disprezzavano il volgare perché non dotato di norme grammaticali; Leon Battista Alberti e Nicola Cusano, al contrario, si adoperarono molto per far riconoscere il volgare come lingua ricca di dignità nel panorama letterario. Leonardo Bruni concepì il dialogo Ad Petrum Paulum Histrum, nel quale dava la parola a due esponenti dell'umanesimo del periodo: Coluccio Salutati, appunto, e Niccolò Niccoli. Nella finzione letteraria, il primo asseriva che il volgare sarebbe stato degno solo se regolamentato da assiomi linguistici precisi, e si dispiaceva del fatto che Dante non avesse scritto la sua Commedia nel ben più nobile latino; il secondo proponeva una visione ancora più radicale, arrivando a giudicare tre fra i principali letterati italiani - Alighieri, Petrarca e Boccaccio - poco più che degli ignoranti. L'autore difendeva questi ultimi, riconoscendo la grandezza delle loro opere, invece di giudicarli in base alla lingua che usarono.
È celebre una sua epistola in cui delinea princìpi fondamentali dell'umanesimo.
È sepolto nella basilica fiorentina di Santa Croce in un monumento opera di Bernardo Rossellino.
Giovanni Francesco Poggio Bracciolini, nome umanistico Poggius Florentinus (Terranuova, 11 febbraio 1380 – Firenze, 30 ottobre 1459), è stato un umanista e storico italiano. È ricordato per aver rimesso in circolazione, sottraendoli a secoli di oblio, diversi capolavori della letteratura latina; su tutti, il De rerum natura di Lucrezio e l'Institutio oratoria di Quintiliano.
Nato da Guccio (speziale) e da Jacoba Frutti (figlia di un notaio), in gioventù si trasferì a Bologna per compiere gli studi giuridici ma, a causa di un rovescio finanziario del padre, Poggio dovette ritornare in Toscana e iniziare gli studi da notaio a Firenze. Per mantenersi iniziò a lavorare come copista. Sviluppò una calligrafia molto apprezzata, tanto che il suo nome giunse a personaggi in vista, come Coluccio Salutati e Leonardo Bruni. Salutati divenne il suo méntore e lo avviò agli studi di latino e greco; ebbe notevole influenza sulla sua formazione anche l'umanista Ambrogio Traversari.
Nel 1403, ventitreenne, si recò a Roma con una lettera di presentazione di Salutati. Fu prima abbreviator, poi si fece strada nella cancelleria papale fino a raggiungere, circa nel 1410[4], la carica di secretarius domesticus, ossia responsabile della redazione della corrispondenza riservata dell'antipapa Giovanni XXIII, eletto al Concilio di Pisa.A causa delle vicissitudini del Grande Scisma d'Occidente (1378-1417) si trovò, per la sua posizione, a viaggiare in Germania e in Francia, soprattutto per seguire i lavori del Concilio di Costanza (1414-1418). Il Concilio ebbe un esito infausto per Poggio: Giovanni XXIII fu deposto. Retrocesso di nuovo ad abbreviator e trattato con alterigia, Poggio lasciò l'incarico. Nel 1418 si recò in Inghilterra al seguito del vescovo di Winchester, il cardinale Enrico Beaufort, dove rimase per quattro anni. Nel 1423 ritornò in Italia; durante il viaggio verso Roma sostò a Colonia dove riscoprì una copia della Cena Trimalchionis, excerptum dal Satyricon. A Roma fu reintegrato nell'incarico in Curia da Papa Martino V. Fu secretarius domesticus anche dei successori Eugenio IV e Niccolò V, fino al 1453.
Attivissimo, lavorava come segretario personale del pontefice, gestiva uno scriptorium e trovava anche il tempo per effettuare traduzioni (specialmente da Senofonte e da Diodoro Siculo) e scrivere dialoghi d'argomento morale.
Nel 1427 Poggio comprò una casa nel paese natale, la "Valdarnina".[6] Successivamente vi tornò almeno una volta all'anno. Nel 1436, all'età di cinquantasei anni, si sposò con la diciottenne Vaggia Buondelmonti (nata Selvaggia di Ghino Buondelmonti), appartenente a una famiglia della nobiltà feudale fiorentina.[7] Scrisse il dialogo An seni sit uxor ducenda per spiegare le ragioni di tale scelta tardiva. Vaggia gli diede sei figli: cinque maschi (Pietro Paolo, Giovanni Battista, Jacopo, Giovanni Francesco e Filippo) e una femmina (Lucrezia). Tutti i maschi intrapresero la carriera ecclesiastica, ad eccezione di Jacopo, che, dopo esser divenuto un insigne studioso, fu impiccato a Firenze nel 1478 a seguito del suo coinvolgimento nella congiura dei Pazzi. Poggio ebbe anche molti figli con la sua amante Lucia Pannelli.
Nel 1453 si trasferì a Firenze, presso i Medici. Qui fu Cancelliere della Repubblica fiorentina per cinque anni. Nel 1458 si ritirò a vita privata.
Morì il 30 ottobre del 1459, a pochi mesi di distanza dalla giovane moglie (morta a febbraio). Fu sepolto, come ogni cittadino illustre, nella Basilica di Santa Croce, accanto agli altri cancellieri, e suoi amici, Salutati, Bruni e Carlo Marsuppini.
Il suo paese natale è stato rinominato Terranuova Bracciolini in suo onore.
Masaccio, soprannome di Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai (Castel San Giovanni in Altura, 21 dicembre 1401 – Roma, giugno 1428), è stato un pittore italiano.
Fu uno degli iniziatori del Rinascimento a Firenze, rinnovando la pittura secondo una nuova visione rigorosa, che rifiutava gli eccessi decorativi e l'artificiosità dello stile allora dominante, il gotico internazionale. Partendo dalla sintesi volumetrica di Giotto, riletta attraverso la costruzione prospettica brunelleschiana e la forza plastica della statuaria donatelliana, inserì le sue «figure vivissime e con bella prontezza a la similitudine del vero» (Vasari) in architetture e paesaggi credibili, modellandole attraverso l'uso del chiaroscuro. Bernard Berenson disse di lui «Giotto rinato, che ripiglia il lavoro al punto dove la morte lo fermò».
«Fu persona astrattissima e molto a caso, come quello che, avendo fisso tutto l'animo e la volontà alle cose dell'arte sola, si curava poco di sé e manco d'altrui. E perché e' non volle pensar già mai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo, e non che altro al vestire stesso, non costumando riscuotere i danari da' suoi debitori, se non quando era in bisogno estremo, per Tommaso che era il suo nome, fu da tutti detto Masaccio. Non già perché e' fusse vizioso, essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta straccurataggine.»
(Giorgio Vasari)
Maso (Tommaso) di ser Giovanni di Simone (Mone) Cassai, detto Masaccio, nacque a Castel San Giovanni (odierna San Giovanni Valdarno) il 21 dicembre 1401, giorno di san Tommaso Apostolo, da ser Giovanni di Mone Cassai, notaio, e da Jacopa di Martinozzo. I due vivevano nella casa, ancora esistente a San Giovanni, del nonno paterno Simone, che era un prospero artigiano costruttore di casse lignee (da cui il cognome "Cassai") sia per uso domestico che commerciale. Il padre doveva essere stato incoraggiato sin da piccolo all'attività notarile, facendogli studiare latino e procedura legale, se già a vent'anni, l'età minima per la professione, prendeva l'abilitazione per l'ufficio di notaio.
Nel 1406 il padre morì improvvisamente, a soli ventisette anni, e poco tempo dopo la moglie diede alla luce un secondo figlio, chiamato in onore dello scomparso padre, Giovanni, successivamente detto lo Scheggia, che intraprese anche lui la carriera di pittore. Qualche anno più tardi Monna Jacopa si risposò con Tedesco di Mastro Feo, un ricco speziale anch'esso vedovo e con due figlie. Il 17 agosto del 1417 morì Tedesco di Mastro Feo e Masaccio divenne il capofamiglia.
Per quanto riguarda la sua formazione, secondo il Berti (1989) egli si formò "verosimilmente nella fiorente a abbastanza modernista bottega di Bicci di Lorenzo; mentre il Boskovits (2001) pensa al cognato Mariotto di Cristofano e la Padoa Rizzo (2001) al per altro sconosciuto Niccolò di ser Lapo: tutte ipotesi che allo stato, in mancanza di documenti certi, rimangono tali.
Andrea di Niccolò di Menco di Muccio, detto Sansovino (Monte San Savino, 1467 – Monte San Savino, 1529), è stato uno scultore e architetto italiano.
Formatosi alla bottega di Antonio Pollaiolo e, in seguito, di Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, con il quale collaborò alla sagrestia ottagonale della chiesa di Santo Spirito a Firenze e, in particolare, al vano dell'anti-sacrestia.
Fra Luca Bartolomeo de Pacioli o anche Paciolo (Borgo Sansepolcro, 1445 circa – Roma, 19 giugno 1517) è stato un religioso, matematico ed economista italiano, autore della Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni e Proportionalità e della Divina Proportione. Egli è riconosciuto come il fondatore della ragioneria.
Studiò e avviò la sua formazione a Sansepolcro, città natale, completandola poi a Venezia. Entrò nell'Ordine francescano nel 1470, probabilmente nel convento di Sansepolcro. Fu insegnante di matematica a Perugia, Firenze, Venezia, Milano, Pisa, Bologna e Roma e viaggiò molto. Nel 1497 accettò l'invito di Ludovico il Moro a lavorare a Milano, dove collaborò con Leonardo da Vinci.
Nel 1499 abbandonò Milano insieme a Leonardo da Vinci. Andò prima a Mantova poi a Venezia. Per Isabella d'Este scrisse il trattato De ludo scachorum, prezioso manoscritto sul gioco degli scacchi, introvabile per 500 anni e riconosciuto dal bibliofilo Duilio Contin tra i libri della Fondazione Coronini Cronberg di Gorizia, ospitati dalla Biblioteca statale Isontina, nel dicembre del 2006.
La sua memoria è molto radicata, sia in Italia che all'estero. A Sansepolcro sono stati celebrati il quinto centenario della pubblicazione della Summa de arithmetica, geometria, proportioni e proportionalità nel 1994 e il quinto centenario della morte il 19 giugno 2017. Tra i vari monumenti eretti in suo onore si ricordano quelli di Sansepolcro (Piazza San Francesco) e Perugia (atrio della Facoltà di Economia e Commercio).
Baldo di Piero Bruni, noto come Baldaccio Bruni o Baldaccio d'Anghiari (Anghiari, circa 1400 – Firenze, 6 settembre 1441), è stato un condottiero italiano.
Figlio di Assunta e di Piero di Vagnone Bruni, procuratore della repubblica di Firenze nelle terre di Sorci: l'antenato Bruno, vissuto duecento anni prima, era un ricco proprietario terriero e possessore dell'omonimo castello, dove il discendente dimorerà con la consorte. Baldo nacque intorno al 1400 (più probabilmente negli ultimi anni del 1300) ad Anghiari da famiglia "antica e onorata d'insegna", trascorse una giovinezza turbolenta durante la quale fu varie volte processato. In particolare, nel 1420, insieme con alcuni compagni, venne condannato a morte per omicidio, ma la sentenza non fu eseguita perché gli imputati non furono catturati. Per la prestanza fisica, il temperamento focoso e le bravate con gli amici fu subito denominato Baldaccio. La sua prodezza è stata ricordata dal Machiavelli nelle Istorie fiorentine:
«Intra molti altri capi dell'esercito fiorentino era Baldaccio d'Anghiari, uomo in guerra eccellentissimo, perché i quelli tempi non era alcuno i Italia che di virtù di corpo e d'animo lo superassi.»
Soldato di ventura, dopo aver combattuto a Zagonara per Carlo Malatesta (1424), Baldaccio fu nuovamente condannato a morte (1426) per un'aggressione a scopo di rapina, ma anche in questo caso riuscì a far perdere le proprie tracce. Nel 1430 combatté ad Arezzo in sostegno di Firenze contro le truppe di Niccolò Piccinino, che cercava di occupare la città per conto del signore di Piombino Jacopo II Appiano. Successivamente fu ancora al servizio di Firenze contro la repubblica di Lucca, facendosi tanto onore da meritare la revisione e la cassazione delle condanne a morte pendenti su di lui.
Nel 1434 combatté in Romagna per conto del duca di Milano, mentre l'anno successivo fu ancora al soldo della Repubblica fiorentina che lo mandò in appoggio al papa Eugenio IV impegnato a domare una rivolta a Bologna. Subito dopo passò al servizio di Niccolò Fortebraccio e Giangiacomo Pugnomartello contro Francesco Sforza e Piergiorgio Insolente nelle Marche. Proprio Francesco Sforza nell'aprile del 1437 nominò Baldaccio maestro di campo dell'esercito fiorentino, ma i due capitani non furono mai in buoni rapporti, tanto che giunsero a sfidarsi in un duello in cui l'anghiarese ebbe la meglio.Dopo aver combattuto (estate 1441) in Romagna per conto del Papa contro il Piccinino e aver poi desistito dall'idea di ritentare l'occupazione di Piombino, Baldaccio rientrò a Firenze. Il suo accresciuto prestigio era però sempre più temuto da molti, fra cui Cosimo de' Medici, la cui fazione era in ascesa.
Baldaccio fu ucciso il 6 settembre 1441 a Palazzo Vecchio da uomini al soldo del gonfaloniere di giustizia Bartolomeo Orlandini. Il cadavere fu poi gettato dalla finestra e trascinato in piazza della Signoria, dove gli fu mozzata la testa, esposta poi al pubblico ludibrio. Fu tumulato nel chiostro dei Morti della basilica di Santo Spirito, in Firenze, dopo l'intervento della moglie presso il papa Eugenio IV. La cappella funebre della famiglia Bruni si trovava ad Anghiari nella chiesa di Sant'Agostino.
La vedova ventiduenne Annalena, in seguito alla morte precoce del figlioletto Galeotto, alienò le sue proprietà e adibì a monastero la sua casa in Oltrarno, dove visse come terziaria domenicana gli ultimi anni fino alla morte avvenuta nel 1491.
Luca Signorelli, pseudonimo di Luca d'Egidio di Ventura (Cortona, 1450 circa – Cortona, 16 ottobre 1523), è stato un pittore italiano, considerato tra i maggiori interpreti della pittura rinascimentale.
«Fu Luca persona d'ottimi costumi, sincero et amorevole con gl'amici, e di conversazione dolce e piacevole con ognuno, e soprattutto cortese a chiunche ebbe bisogno dell'opera sua e facile nell'insegnare a' suoi discepoli. Visse splendidamente e si dilettò di vestir bene; per le quali buone qualità fu sempre nella patria e fuori in somma venerazione»
(Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), Vita di Luca Signorelli da Cortona pittore)
Luca Signorelli studiò ad Arezzo presso la bottega di Piero della Francesca, come testimoniano Luca Pacioli (nel 1494) e, più tardi, Giorgio Vasari. Gli esordi dell'artista sotto il segno del maestro di Sansepolcro sono ancora incerti, per l'esiguità di resti certi e le difficoltà attributive di opere che non presentano i caratteri della sua produzione matura. Berenson tentò di riferirgli tre tavole di Madonna col Bambino della scuola di Piero della Francesca, oggi al Museum of Fine Arts di Boston, all'Ashmolean Museum di Oxford e alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia
Intorno al 1470 si sposò con Gallizia di Piero Carnesecchi ed ebbe da lei quattro figli: Antonio, Felicia, Tommaso e Gabriella.
Le descrizioni vasariane delle prime opere dipinte attorno al 1472 sembrano comunque confermare l'ascendenza delle ultime opere di Piero, come il Polittico di Sant'Agostino: ad esempio si cita un San Michele "che pesa le anime", descritto come mirabile "nello splendore delle armi, nelle riverberazioni".
Un primo lavoro documentato, benché la fonte fosse solo locale, è la Madonna con santi affrescata a Città di Castello nel 1474, della quale restano solo pochi frammenti staccati, tra cui un San Paolo, oggi nella Pinacoteca comunale della città umbra. Per quanto siano difficili da valutare, i tratti del volto del santo hanno portato recentemente lo studioso Tom Henry a confermare la tesi di Berenson e a rafforzare l'attribuzione al pittore cortonese.
Il 6 settembre 1479, Signorelli venne eletto nel Consiglio dei Diciotto, e da allora ricoprì numerosi incarichi pubblici in Cortona.
Bernardo Dovizi da Bibbiena (Bibbiena, 2 agosto o 4 settembre 1470 – Roma, 9 o 11 novembre 1520) è stato un cardinale, diplomatico e drammaturgo italiano
Bernardo nacque dalla famiglia dei Dovizi, signori di Bibbiena, capoluogo del Casentino aretino, per questo fu chiamato anche Cardinal Bibbiena o più semplicemente il Bibbiena. Potente uomo della corte medicea, legò il suo destino alla famiglia ducale di Firenze anche quando Piero de' Medici, primo figlio di Lorenzo il Magnifico, venne esiliato da Firenze nel 1494 al tempo della calata del re di Francia Carlo VIII in Italia, anche per la politica di Girolamo Savonarola che spinse i fiorentini alla costituzione di una repubblica che meglio si adattava al controllo del potere da parte del partito savonaroliano sulla città.
Bernardo seguì, come segretario, il cardinale Giovanni de' Medici, futuro papa Leone X, nell'esilio presso la corte di Guidobaldo da Montefeltro a Urbino. Proprio ad Urbino, passata sotto la signoria di Francesco Maria I della Rovere, il Bibbiena ebbe l'occasione di conoscere e frequentare i maggiori artisti di quella corte come Francesco di Giorgio Martini, il Laurana, ma soprattutto stringere amicizia fraterna con Baldassarre Castiglione che contribuì alla buona riuscita scenica della sua unica commedia La Calandria recitata ad Urbino nel 1513.
Il Bibbiena compare anche nell'opera più importante di Castiglione "Il Cortegiano" come uno degli interlocutori principali.
Fu legato alla marchesa di Mantova Isabella d'Este, il cui figlio Federico II Gonzaga venne inviato a Roma alla corte papale in pegno della liberazione del padre Francesco II Gonzaga e venne protetto dal cardinale stesso.
Dopo l'elezione di Leone X, il Bibbiena seguì il Papa a Roma. Fu investito della porpora cardinalizia nel concistoro del 23 settembre 1513, ricevendo la berretta e la diaconia di Santa Maria in Portico il 29 settembre successivo. Come amico e collaboratore di Leone X (che lo chiamava scherzosamente Alter Papa), al Bibbiena furono affidate la corrispondenza papale e delicate missioni diplomatiche. Fu, tra le altre responsabilità che tenne, Legato in Francia nel 1515, nel 1518 e di nuovo nel 1520. Fu legato dell'Umbria nel 1517.
Di ritorno da Parigi, Bernardo Dovizi da Bibbiena morì a Roma, forse avvelenato, nel 1520. Fu sepolto nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli.
Giulio III, nato Giovanni Maria Ciocchi del Monte (Monte San Savino, 10 settembre 1487 – Roma, 23 marzo 1555), è stato il 221º papa della Chiesa cattolica e il 129º sovrano dello Stato Pontificio dal 1550 alla morte.
Nacque al Monte San Savino da Vincenzo Ciocchi del Monte, famoso giurista, e di Cristofora Saracini. Secondogenito di cinque figli, fu educato, secondo i dettami dello zio cardinale Antonio Maria Ciocchi del Monte, in un prestigioso oratorio presso il Laterano, dove ebbe come tutore l'umanista Raffaele Lippo. Seguendo le orme del padre, in seguito, studiò giurisprudenza nelle Università di Perugia e di Siena. Quando, dopo la laurea, fu avviato alla carriera ecclesiastica, studiò teologia sotto il domenicano Ambrogio Catarino Politi.
Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1504, divenne cancelliere di papa Giulio II. Nel 1511 suo zio, Antonio Ciocchi del Monte, fu creato cardinale; due anni dopo Giovanni assunse il cognome Ciocchi del Monte. Nel 1513 succedette allo zio come arcivescovo di Siponto (oggi Manfredonia, in Puglia). Nel 1521 aggiunse anche la diocesi di Pavia. Il 16 febbraio 1513 fu presente alla cerimonia di inaugurazione della nuova sessione del Concilio Lateranense V. Durante il Sacco di Roma del 1527, fu uno degli alti prelati consegnati da papa Clemente VII alle forze dell'imperatore come ostaggi. Avrebbe potuto restare ucciso assieme agli altri a Campo de' Fiori, se non fosse stato liberato in segreto dal cardinale Pompeo Colonna.
Fu creato cardinale presbitero nel concistoro del 22 dicembre 1536 da Paolo III, il giorno successivo ricevette la berretta rossa e il 15 gennaio 1537 ricevette il titolo di San Vitale. Prese parte alla commissione incaricata della preparazione del concilio di Trento. I lavori si protrassero dal 2 novembre 1544 al 12 dicembre 1545. Compito della commissione fu quello di scegliere gli argomenti di discussione e di sorvegliare i dibattiti.
Il 13 dicembre 1545 aprì la prima sessione dei lavori nella sua funzione di legato pontificio (fu uno dei tre legati papali, assieme all'inglese Reginald Pole e a Marcello Cervini, il futuro papa Marcello II). Nel 1547 appoggiò la decisione di trasferire il concilio a Bologna.
è stato uno scultore, pittore, architetto e poeta italiano. Protagonista del Rinascimento italiano, già in vita fu riconosciuto come uno dei maggiori artisti di tutti i tempi.
Fu nell'insieme un artista tanto geniale quanto irrequieto. Il suo nome è collegato a una serie di opere che lo hanno consegnato alla storia dell'arte, alcune delle quali sono conosciute in tutto il mondo e considerate tra i più importanti lavori dell'arte occidentale: il David, la Pietà del Vaticano, la Cupola di San Pietro o il ciclo di affreschi nella Cappella Sistina sono considerati traguardi insuperabili dell'ingegno creativo.
Lo studio delle sue opere segnò le generazioni successive, dando vita, con altri modelli, a una scuola che fece arte "alla maniera" sua e che va sotto il nome di manierismo.
Pittore, architetto, scrittore, uomo di corte: Giorgio Vasari è sicuramente il personaggio che meglio ha rappresentato la sua città natale. Nacque ad Arezzo nel 1511 e lasciò indelebili tracce di se in tutta la città.
Il Vasari ebbe una vastissima rosa di interessi: fu infatti un pittore dallo spiccato gusto manierista, un architetto di certo pregio (realizzò il palazzo della Carovana a Pisa e il complesso fiorentino degli Uffizi) e infine eccelso storiografo. Il nome del Vasari, infatti, è legato in modo indissolubile alle Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, una serie di biografie nella quale egli copre l'intero canone artistico teso tra Trecento e Cinquecento.
Giorgio Vasari nacque ad Arezzo il 30 luglio 1511 dal mercante di tessuti Antonio Vasari e da Maddalena Tacci. Ancora giovanissimo frequentò la bottega aretina del francese Guillaume de Marcillat, pittore di vetrate di buon talento; nello stesso periodo, frequentò le lezioni del poligrafo Giovanni Pollio Lappoli, dove ricevette una prima educazione umanistica, e si cimentò anche nell'architettura, realizzando il basamento dell'organo del Duomo detto Nuovo, ove si mostrò assai sensibile alle influenze michelangiolesche della tomba di Giulio II.
Successivamente, il giovane Vasari proseguì gli studi a Firenze, dove giunse per circostanze fortuite al seguito del cardinale cortonese Silvio Passerini, tutore dei rampolli di casa de' Medici, i futuri cardinale Ippolito e duca Alessandro. Introdotto dal Passerini nella cerchia della corte medicea, Vasari approfondì la propria educazione umanistica, passando sotto la guida del letterato Pierio Valeriano; fu, inoltre, un frequentatore assiduo della bottega di Andrea del Sarto e dell'accademia di disegno di Baccio Bandinelli, artisti che gli fornirono strumenti essenziali, quali la perizia disegnativa e la capacità di composizione prospettica. Negli anni fiorentini, che egli ricorderà come i più felici della sua vita, Vasari conobbe inoltre Francesco Salviati, del quale godette l'amicizia per il comune interesse verso le opere dell'antichità classica. Proprio in ragione del loro entusiasmo condiviso i due visitarono Roma tra il 1531 e il 1532; nell'Urbe Vasari, insieme all'amico, studiò i monumenti antichi, le opere di Raffaello e Michelangelo ed i grandi testi figurativi della maniera moderna.
Vasari nel 1545 si trasferì a Roma Vasari approdando in un ambiente ricco di stimoli culturali e fermenti letterari: fu proprio il cenacolo di scrittori riuniti attorno ai Farnese ad ispirargli, tra il 1545 e il 1547, la composizione della prima redazione delle Vite dei più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri, una raccolta di biografie di artisti da Cimabue ai suoi tempi che ricopre l'intero canone artistico tra il Trecento e il Cinquecento. Nel corso della stesura delle Vite utilizzò la sua straordinaria raccolta di disegni e di schizzi di artisti italiani, che fu dispersa dopo la sua morte. Oggi fogli sparsi di questa collezione, conosciuta come il Libro de' disegni di Giorgio Vasari, si trovano in una decina di raccolte pubbliche.
La prima redazione delle Vite era già pronta nel 1547; proprio nello stesso anno, tuttavia, intrecciò una relazione sentimentale con Maddalena Bacci, con la quale arrivò ad avere due figli illegittimi. Per evitare che la cosa si sapesse e suscitasse scandalo, l'amore (seppur intenso) non si concluse con un matrimonio: al contrario, Maddalena sposò un capitano delle milizie ducali, mentre Vasari convolò a nozze con la sorella di lei, Niccolosa, all'epoca appena undicenne. Data la giovane età della sposa, Vasari convenne nel 1550 a ritornare a Firenze; fu così che prese la decisione di affidare la stampa delle Vite ai torchi dei Torrentino, e a dedicare l'intera opera a Cosimo I de' Medici, sperando in questo modo di entrare nelle sue grazie.
Vasari storiografo: le Vite
La fama maggiore del Vasari oggi è legata al trattato delle Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, pubblicato nel 1550 e riedito con aggiunte nel 1568. L'opera, preceduta da un'introduzione di natura tecnica e storico-critica sulle tre arti maggiori (architettura, scultura e pittura) è una vera e propria pietra miliare della storiografia artistica, punto di partenza tutt'oggi imprescindibile per lo studio della vita e delle opere dei più di 160 artisti descritti.
La prima edizione, pubblicata a Firenze dall'editore ducale Lorenzo Torrentino nel 1550 e dedicata al granduca Cosimo I de' Medici, includeva un prezioso trattato sui metodi tecnici impiegati nelle varie arti. Fu in parte riscritto e arricchito nel 1568, con l'aggiunta di xilografie di ritratti degli artisti, taluni ipotetici.
La prima edizione si presentava più corposa e più artistica della seconda edizione giuntina. Quest'ultima, con l'aggiunta di integrazioni e di correzioni, risulta più piatta, ma è anche quella che ha riscosso più successo e diffusione, con le sue 18 edizioni italiane ed 8 traduzioni straniere, a fronte di una sola edizione dell'opera originaria.
Un proemio introduce ognuna delle tre parti. Descrive vite ed opere degli artisti da Cimabue in poi, sostenendo che solo gli artisti fiorentini hanno fatto rinascere l'arte dal buio del Medioevo, talvolta esponendo idee per partito preso. Si può comunque dire che Vasari con quest'opera sia stato l'iniziatore della critica artistica e molti artisti toscani devono la loro celebrità internazionale all'opera di valorizzazione e divulgazione da lui iniziata, molto prima che si cominciassero a studiare altre scuole, seppur altrettanto importanti (come la scuola romana del Duecento, la pittura dell'Italia settentrionale del Quattro e Cinquecento), ma tutt'oggi sconosciute al pubblico non specializzato.
Come primo storico dell'arte italiana iniziò il genere, tuttora in voga, dell'enciclopedia di biografie artistiche. Vasari coniò il termine «Rinascita», sebbene vi fosse già una certa consapevolezza del fenomeno artistico che stava avvenendo sin dai tempi di Leon Battista Alberti.
Dopo la maturità classica conseguita al liceo Francesco Petrarca di Arezzo, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Firenze, dove si laurea nel 1937. Supera il concorso per uditore giudiziario nel 1940 ed entra in magistratura.
Durante il secondo conflitto mondiale è chiamato alle armi in qualità di ufficiale di artiglieria e successivamente presta servizio presso il tribunale militare di Bari, dove conosce Aldo Moro, allora aviere assegnato allo stesso tribunale, al quale resterà sempre legato da una profonda amicizia.
Al termine del periodo bellico riprende la carriera di magistrato come giudice istruttore presso il tribunale di Arezzo. Tra le numerose inchieste a lui assegnate, si ricorda in particolare quella per l'eccidio di Sante Tani, dirigente del Partito popolare di Arezzo, organizzatore della resistenza antifascista e presidente del Comitato provinciale di liberazione nazionale, trucidato dai tedeschi in cella, insieme al fratello sacerdote e ad un compagno di lotta, qualche giorno prima della liberazione della città nel 1945.
Sostenitore fin da giovane dell'associazionismo cattolico, diventa membro dell'Azione cattolica. Subito dopo la liberazione si avvicina alla vita politica nel clima della ricostruzione degasperiana e si iscrive alla Democrazia Cristiana. Su invito esplicito del direttivo del partito entra nella lista dei candidati della Democrazia Cristiana nelle elezioni per la Camera dei deputati del 18 aprile 1948. È eletto deputato nella circoscrizione di Siena-Arezzo-Grosseto e riconfermato ininterrottamente fino alla VI legislatura.
Nell'esercizio del mandato parlamentare Bucciarelli Ducci si segnala sin dall'inizio per la sua particolare attenzione alle problematiche relative all'ordinamento giudiziario e all'amministrazione della giustizia, a cui affianca uno studio attento delle problematiche sociali con particolare riferimento a quelle attinenti al mondo agricolo, alla piccola proprietà terriera e agli artigiani, facendosi portatore delle relative istanze in Parlamento. Parallelamente cresce il suo impegno negli organi direttivi della Democrazia cristiana e nel 1953 diventa vicepresidente del gruppo democristiano alla Camera, guidato da Attilio Piccioni, col quale stabilisce una forte intesa politica e intellettuale, fondata sulla completa adesione al pensiero e alla linea politica di De Gasperi, al quale Bucciarelli Ducci dedica pagine di intenso elogio.
Strenuo sostenitore della centralità del Parlamento, Brunetto Bucciarelli Ducci tiene per la prima volta in Italia un corso universitario di diritto parlamentare, rivendicando l'autonomia sostanziale della nuova disciplina rispetto al diritto costituzionale.
Il 12 giugno 1958 è eletto Vicepresidente della Camera e confermato anche nella successiva legislatura. Quando il Presidente della Camera Giovanni Leone è nominato Presidente del Consiglio, sul nome di Bucciarelli Ducci si registra la più ampia convergenza tra le forze politiche e nella seduta del 26 giugno 1963 è eletto Presidente della Camera. Palmiro Togliatti il giorno successivo chiarisce su l'Unità le ragioni del voto favorevole del gruppo comunista, dichiarando: «il candidato dava tutte le necessarie garanzie di competenza, di prestigio e di imparzialità».
Gli anni di Presidenza rappresentano il momento più alto e più intenso della carriera politica di Bucciarelli Ducci. Il quinquennio alla guida di Montecitorio viene a coincidere con la fase dei Governi di centro-sinistra e con un clima di generale fermento nella società italiana. Bucciarelli Ducci apre e incoraggia alcune riforme, quale la scuola media unica, che vanno in direzione di una più compiuta attuazione del dettato costituzionale e riesce ad ancorare i necessari cambiamenti ad un ulteriore consolidamento delle istituzioni democratiche.
L'accertamento dell'impedimento del Presidente della Repubblica Antonio Segni, colpito nel 1964 da una gravissima malattia, situazione del tutto nuova non disciplinata da norme e regolamenti, resta senza dubbio una delle più delicate questioni istituzionali insorte durante il periodo di Presidenza della Camera. In opposizione alla tesi che afferma la preminente responsabilità del Presidente del Consiglio, Bucciarelli Ducci sostiene la tesi della responsabilità congiunta nell'accertamento dei Presidenti dei due rami del Parlamento. Tale posizione, che egli sosterrà con grande equilibrio e saggezza, si rivela determinante nelle laboriose consultazioni che conducono alla soluzione della questione.
Nella V legislatura ricopre la carica di presidente della I Commissione affari costituzionali fino a maggio del 1972. Al termine della VI legislatura decide di ritirarsi dalla vita politica. Il Parlamento in seduta comune lo elegge giudice della Corte costituzionale nella seduta del 27 gennaio 1977, insieme ad Alberto Malagugini e a Oronzo Reale. Nel suo impegno di giudice presso la Corte non manca di ispirare storiche sentenze, tra le quali la n. 102 del 1982, che ripristina l'integrazione al minimo delle pensioni di invalidità.
Terminato il mandato alla Corte costituzionale si ritira a vita privata nella sua casa di Arezzo, dove si spegne improvvisamente nella notte tra il 3 e il 4 febbraio 1994.
Mario D'Agata nasce ad Arezzo il 29 maggio del 1926. E' stato un grande pugile italiano.
Professionista dall'ottobre 1950 fino al luglio 1962. Divenne campione italiano nel 1953 e campione d'Europa nel 1955. Primo ed unico pugile sordomuto ad aver vinto un titolo mondiale, cintura conquistata sul ring dello stadio Olimpico di Roma il 29 giugno 1956 quando sconfisse per KOT al settimo round il parigino Robert Cohen (francese di origine tunisina). In virtù di quella performance il pugile aretino è stato il secondo italiano nella storia a diventare campione del mondo (dopo il titolo vinto nei pesi massimi da Primo Carnera). D'Agata non riuscì a difendere il titolo l'anno successivo e lasciò la cintura mondiale nelle mani del francese, Alphonse Halimi, che la sera del primo aprile 1957, al Palais des Sports di Parigi, si aggiudicò una dura battaglia sulla lunghezza dei 15 round. Il mach alimentò un piccolo giallo a causa della sospensione di 8 minuti dovuta ad un blackout elettrico nel corso della quarta ripresa. Senza mai ottenere la rivincita per la corona mondiale, D'Agata si concentrò sugli impegni continentali e fece suo il titolo europeo dei pesi gallo, nel 1957 e poi nel 1960.
Storico dell'arte, professore universitario, presidente del Consiglio superiore delle antichità e belle arti fino al 1971 e dell'Istituto nazionale di studi sul Rinascimento, socio nazionale dei Lincei, presidente dell'Accademia Petrarca di Arezzo.
La sua opera scientifica fu incentrata sull'arte romanica e rinascimentale, con una attenzione per le opere di Piero della Francesca. Spaziò comunque su un campo molto più ampio: dall'arte paleocristiana alle manifestazioni barocche, focalizzando l'interesse su ambiti e periodi fino ad allora esclusi dall'analisi critica. Grazie alla sua sensibilità critica si deve il primo interesse scientifico e accademico verso le cosiddette arti minori, come la miniatura.
Rigoroso storico e filologo, associava le sue analisi ad una ricognizione diretta, raggiungendo gli oggetti di studio ovunque essi fossero. Premiato per il complesso della sua opera.
Conseguì nel 1910 la laurea in Giurisprudenza all'Università di Pisa, discutendo una tesi sulle problematiche della tutela del patrimonio artistico in Italia, per poi perfezionarsi in storia dell'arte all'Università di Roma. Insegnò a Pisa, quindi a Firenze e infine a Roma, dove tenne l'insegnamento di Storia dell'arte medievale e, per qualche anno, anche quello di Storia dell'arte moderna. Nel 1964 fu nominato professore emerito.
La sua opera scientifica fu incentrata principalmente sull'arte romanica e rinascimentale, con una particolare predilezione per l'opera di Piero della Francesca. Tuttavia, rispetto a queste principali aree d'interesse, egli spaziò su un campo molto più ampio che andava dall'arte paleocristiana fino alle manifestazioni barocche, riuscendo poi a focalizzare l'interesse su ambiti e periodi, come l'arte copta, fino ad allora ingiustamente negletti o sottovalutati dalla critica: si deve alla sua iniziativa, congiunta a quella di altri studiosi e medievisti di vaglia, se nel 1952 fu fondato il "Centro italiano di studi sull'alto medioevo", che riportò al centro dell'attenzione scientifica un periodo storico lasciato ai margini e da lui rivalutato. Sempre alla sua sensibilità critica si deve la prima attenzione scientifica e accademica verso le cosiddette arti minori.
Salmi fu socio di varie istituzioni e affiliazioni scientifiche internazionali, come l'Accademia Nazionale dei Lincei, e l'Accademia di Francia. Fu inoltre attivo nell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, da lui fondato nel 1937, e nella Commissione Nazionale Vinciana, istituzioni che furono entrambe da lui presiedute.
Fu supervisore dell'opera scientifica Enciclopedia Universale dell'Arte, pubblicata in più volumi a partire dal 1958, e alle cui uscite, già a partire dal 1959, fece prontamente seguito la pubblicazione in inglese.
Numerosi furono i suoi allievi tra le università di Pisa, Firenze e Roma. Tra questi si possono ricordare Enzo Carli, Umberto Baldini e Giovanni Carandente.
Fondatori nel 1926 della UnoAErre, Carlo Zucchi e Leopoldo Gori, sono coloro che hanno avuto l'intuizione, che poi si rivelerà un successo, di portare i metodi di produzione industriali nel settore orafo, permettendo una riduzione del costo della manifattura sul prodotto finito.
La UnoAErre è la più importante azienda orafa di Arezzo (non a caso uno dei poli italiani dell'oro insieme a Valenza e Vicenza). Tale azienda costituisce il più grande produttore del settore orafo in Italia e nel mondo.
La UnoAErre è fondata il 15 marzo 1926 ad Arezzo da Carlo Zucchi, artigiano e proprietario di un piccolo negozio di oreficeria ereditato dal padre, e da Leopoldo Gori, rappresentante. I due danno vita alla Gori & Zucchi con i primi laboratori nell'antico centro storico di Arezzo. Il 2 aprile 1934 viene attribuita alla società la numerazione obbligatoria da imprimere su tutti i prodotti e come azienda orafa della provincia di Arezzo ottiene la 1AR. Tale sigla, scritta per esteso, diverrà a tutti gli effetti il marchio e la denominazione della società.
Il periodo di maggior produzione e sviluppo si ha negli anni Sessanta, quando l'azienda arriva ad impiegare fino a 1.500 persone. Negli anni Settanta da una costola della società nasce Chimet per il recupero dei residui dei materiali.
L'azienda va in difficoltà alla fine degli anni Novanta. Nel 1999 un fondo di private equity della Deutsche Bank, Morgan Grenfell, rileva la maggioranza del capitale. Esce nel 2007 quando la famiglia Zucchi ritorna, con il sostegno delle banche, ad essere proprietaria della società che continua però ad avere i conti in rosso. Nel novembre 2010 viene presentata in tribunale domanda di concordato preventivo; su richiesta delle banche creditrici (Mps e Intesa Sanpaolo) alla guida viene posto Sergio Squarcialupi, "patron" di Chimet e già amministratore delegato al vertice dell'azienda negli anni Novanta. Nel 2011 è completato il trasferimento in un nuovo stabilimento alla periferia di Arezzo (il terzo trasferimento della storia della società).
Nel 2012 la società, che ha preso il nome di UnoAerre Industries, viene ceduta alla famiglia Squarcialupi.
Gianni Boncompagni, all'anagrafe Giandomenico Boncompagni (Arezzo, 13 maggio 1932 – Roma, 16 aprile 2017), è stato un conduttore radiofonico, paroliere, autore televisivo e regista televisivo italiano.
Nato ad Arezzo da padre militare dei ruoli amministrativi e madre casalinga, a 18 anni si trasferì in Svezia, dove visse dieci anni svolgendo vari lavori, diplomandosi all'Accademia svedese di grafica e fotografia, e incominciando l'attività di conduttore radiofonico per la radio svedese. Durante questa esperienza, ottenne un'intervista dal sociologo Danilo Dolci che riscosse molto successo[2]. In Svezia si sposa con un'aristocratica e ha da lei tre figlie, tra cui la cantante ed autrice televisiva Barbara. La moglie lo lascerà di lì a breve, e lui chiederà e otterrà la patria potestà, crescendo le figlie da ragazzo padre in Italia.
Tornato in Italia, vinse nel 1964 il concorso RAI per programmatore di musica leggera[3] e incominciò a lavorare nella radiofonia RAI, dove ebbe un grandissimo successo assieme a Renzo Arbore grazie a programmi culto a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta come Bandiera Gialla e Alto gradimento, determinanti per la diffusione della musica beat in Italia. La coppia creò un nuovo modo di fare intrattenimento, basato sul non-sense, sulla creazione di tormentoni, sull'improvvisazione e l'imprevedibilità.
Nel 1965 debuttò anche come cantante, con il nome d'arte di Paolo Paolo, incidendo per la RCA Italiana. Tra le altre canzoni scritte da Boncompagni ricordiamo anche Ragazzo triste per Patty Pravo l'anno successivo. Fa parte del cast della prima serie del programma quotidiano del mattino Chiamate Roma 3131 insieme a Franco Moccagatta e Federica Taddei, 1969.
Carlo Starnazzi (Arezzo, 8 ottobre 1949 – Rassina, 25 giugno 2007) è stato uno storico dell'arte italiano. Laureato in lettere antiche è stato per decenni, stimato e amato docente nei Licei, nonché membro dell'Istituto italiano di Preistoria e Protostoria, ha anche svolto attività di ricerca presso l'Istituto di Ecologia del Quaternario dell'Università degli Studi di Firenze.
Autore di tre saggi sulla geomorfologia e la preistoria della Toscana, tra cui “Fossili e preistoria nelle valli Aretine", "Arezzo e Valdichiana. Uomo e ambiente nel Paleolitico inferiore e medio", "Capolona, genesi di un territorio" (presentazione di Antonio Radmilli), dal 1992 ha indirizzato i suoi studi interdisciplinari sulla componente naturalistica nei dipinti e nei disegni di Leonardo da Vinci divenendo famoso a livello mondiale per la scoperta del paesaggio aretino che sta dietro la Gioconda, avvalorata da accurati studi e indizi che hanno trovato conferma presso i maggiori studiosi del genio vinciano, tra i quali dal massimo esperto leonardista, Professor Carlo Pedretti, direttore dell’Hammer Center di Los Angeles. Dopo tale fondamentale scoperta tutti i suoi studi sono affluiti sull'approfondimento della figura di Leonardo da Vinci, illustrate nelle varie mostre: da quella al Museo della Scienza di Chicago a quelle di Auckland, di Seul e di Pechino. Nel 1996 gli viene conferita, come riconoscimento per l’opera di ricercatore e studioso, la nomina a Membro Collaboratore dell’Istituto Italiano di Storia e Protostoria di Firenze. Lo stesso anno, riceve la medaglia d'oro dal Presidente della Repubblica come benemerito della cultura e dell'arte.
Nel dicembre 1999 si celebra ad Arezzo il primo Simposio Internazionale su “I Paesaggi di Leonardo”, organizzato dal Rotary Club. Riconoscimenti agli studi di Starnazzi arrivano da parte di tutto il mondo Accademico nazionale ed internazionale, dal Soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Firenze, Professor Antonio Paolucci, da Alessandro Vezzosi, Direttore del Museo Ideale di Vinci, da Martin Kemp, del Dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università di Oxford, al Direttore della National Gallery di New York.
Dal 29 giugno al 1º luglio 2000 si tiene ad Anghiari un Convegno Internazionale dal titolo “Una Battaglia nel mito” curata da Starnazzi e Pedretti, in quella circostanza venne inaugurato il Centro di Documentazione sulla Battaglia di Anghiari in occasione del suo cinquecentesimo anniversario.
Nel 2001, da luglio ad ottobre, viene esposto per la prima volta in Italia al Palagio Fiorentino di Stia “L’Angelo Incarnato” di Leonardo di cui Starnazzi è ideatore, direttore e curatore del catalogo “L’Angelo Incarnato tra archeologia e leggenda”. (ediz. Grantour) Nel 2003 viene convocato a Londra dal Professor Martin Kemp, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Oxford, per partecipare come membro permanente della Commissione Mondiale degli studi su Leonardo. Nel 2005 è stato coinvolto nel programma Mostra d'Arte dalla Direzione Generale del Consiglio d'Europa.
Dopo una coraggiosa lotta per la vita, muore nella sua casa a Rassina il 25 giugno 2007.
Patrizio Bertelli è un imprenditore italiano. Amministratore delegato del gruppo Prada, è marito della stilista Miuccia Prada. Colcitronese di nascita è da sempre appassionato di Giostra e vicino ai nostri colori.
Abbandonati gli studi di ingegneria presso l'Università di Bologna, nel 1967 acquisisce l'azienda pellettiera Sir Robert e nel 1973 la parmigiana Granello. Nel 1977 conosce Miuccia Prada, commerciante, nel negozio in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, aperto dal nonno nel 1913 e la sposa nel 1987. Mentre la moglie gestisce il lato progettazione di beni di lusso e abbigliamento del gruppo Prada, Bertelli gestisce la parte commerciale come amministratore delegato. Nel 1986 apre il primo negozio Prada a New York e negli anni novanta acquisisce piccoli marchi. Dopo tre tentativi a Piazza Affari sempre sfumati poco prima del traguardo (nel 2001, nel 2002 e nel 2008) il 24 giugno 2011 riesce a far quotare il gruppo Prada alla Borsa di Hong Kong, forte ormai di quattro marchi come Prada, Miu Miu, Church's e Car Shoe: la valutazione del titolo è in breve tempo passata da circa 9 miliardi di euro a oltre 14 miliardi.
Velista professionista negli anni Settanta, è noto al grande pubblico per essere il patron di Luna Rossa, popolarissima imbarcazione degli anni Duemila. Quattro edizioni dell'America's Cup, tre finali di Vuitton Cup, una vinta (2000), due perse (2007, 2013). Dal 2012 il suo nome è iscritto nell'albo d'oro dell’America's Cup Hall of Fame.
Roberto Remigio Benigni nacque a Castiglion Fiorentino il 27 ottobre del 1952. E' un attore, comico, regista e sceneggiatore italiano.
Noto e popolare monologhista teatrale, dalla comicità ironica e dissacrante, è diventato personaggio pubblico tra i più conosciuti e apprezzati in Italia e nel mondo. Le sue interpretazioni cinematografiche e le sue apparizioni televisive mettono in scena un carattere gioioso e irruente, facendo leva, in quest'ultime, sulla sovversione del clima dei programmi di cui è ospite. Fra i numerosi riconoscimenti vale ricordare l'Oscar al miglior attore, conseguito nel 1999 per l'interpretazione nel film (da lui stesso diretto) La vita è bella (GIRATO AD AREZZO); a cui segue un Oscar al miglior film straniero per la stessa pellicola. È stato l'unico interprete maschile italiano a ricevere l'Oscar come miglior attore protagonista recitando nel ruolo principale in un film in lingua straniera, dopo quello vinto da Anna Magnani nel 1956 e da Sophia Loren nel 1962.
Benigni si è impegnato come lettore, interprete a memoria e commentatore della Divina Commedia di Dante Alighieri, per la cui diffusione è stato candidato al Premio Nobel per la letteratura 2007. Nelle vesti di divulgatore ha, inoltre, recitato il Canto degli Italiani, i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana e i dieci comandamenti biblici ricevendo consensi di pubblico e critica.
Roberto Benigni nasce a Manciano La Misericordia, frazione di Castiglion Fiorentino (in provincia di Arezzo), il 27 ottobre 1952 da Luigi Benigni (1919-2004) e Isolina Papini (1919-2004), entrambi contadini. Roberto è il più giovane dopo le sorelle Bruna (1945), Albertina (1947) e Anna (1948). Di carattere allegro ed espansivo sin da giovanissimo, si trasferisce nel 1958 con tutta la famiglia a Prato, prima nella frazione di Galciana e poi in seguito in quella di Vergaio, dove vive tuttora la sua famiglia di origine.
La vita è bella
«Buongiorno principessa!»
(La vita è bella)
Nel 1997 raggiunge la notorietà internazionale con l'acclamato film La vita è bella, che racconta la tragedia dell'olocausto in una declinazione differente da quella sino ad allora comunemente utilizzata (per esempio nel lungometraggio di Spielberg Schindler's List). La pellicola suscita critiche per i tratti a volte più ironici, in contrasto con l'argomento trattato. Benigni, figlio di un ex-deportato (Luigi Benigni fu deportato durante la guerra in un campo di lavoro nazista, e il film si basa in parte sulle sue esperienze), ha difeso la scelta di trattare tale tema con approccio diverso, la sceneggiatura con tratti di dramma e di commedia, infatti, mira ad accentuare la drammaticità e la commozione di alcune scene, proprio grazie a questo contrasto. Il film esorcizza la tragedia ponendo l'accento sull'effetto che essa può avere su un bambino. Nella pellicola è proprio il padre, impersonato dall'attore toscano, a salvare il destino e l'animo del figlio.
Le riprese cominciano nel novembre 1996 e si concludono nell'aprile dell'anno successivo, con un costo complessivo di circa 15 miliardi di lire. Il film è girato principalmente ad Arezzo, città natale dello stesso Benigni, che comunque ha rivelato di aver avuto più di un'esitazione durante la lavorazione della pellicola, soprattutto per il fatto di affrontare un argomento così delicato in forma parzialmente ironica come era nel suo stile, ed è proprio quest'ultima caratteristica a lasciare perplessa la critica prima dell'uscita del film.
Per promuovere il film Benigni è ospite anche in numerose trasmissioni televisive d'oltreoceano, di cui la più celebre rimane quella al David Letterman Show, intervista in cui il comico inscenò anche diversi sketch col conduttore David Letterman, riguardo alla sua parlata in uno stentato inglese. Al botteghino italiano la pellicola supera ogni aspettativa, ottenendo oltre 31 milioni di euro e risultando così il secondo film di maggior incasso in Italia, subito dietro a Titanic di James Cameron, uscito lo stesso anno.
Alla prima TV del 22 ottobre 2001 su Rai Uno la pellicola ottiene oltre 16 milioni di spettatori con il 53% di share, risultando ancora oggi il film più visto della televisione italiana al suo primo passaggio in TV. Fino al 2011 è stato il film italiano ad avere riscosso maggiori incassi al cinema in Italia.
Gli Oscar e la fama internazionale
Il film riceve sette candidature all'edizione degli Oscar del 1999, portandone a casa tre nella notte del 21 marzo 1999[18]: quello per la miglior colonna sonora a Nicola Piovani, quello come miglior film straniero e quello per il miglior attore protagonista a Benigni. Benigni fu il quinto a vincerlo per una commedia e, insieme a Laurence Olivier, l'unico ad aver vinto tale premio in un film diretto da sé stesso. Fu anche il quarto artista nella storia a ricevere nello stesso anno le candidature come attore, regista e sceneggiatore, dopo Orson Welles, Woody Allen e Warren Beatty.
Al momento della consegna del premio al miglior film straniero da parte di Sophia Loren, annunciato dall'attrice con la frase "And the Oscar goes to... Roberto!", l'attore toscano balzò sui braccioli e gli schienali delle poltrone della sala e raggiunse il palco passando sopra le teste dei divi di Hollywood presenti, suscitando clamore e divertimento del pubblico americano, abituato alla formalità della notte degli Oscar. Proprio questa gag improvvisata e il discorso di ringraziamento in un inglese stentato lo resero particolarmente simpatico e apprezzato negli Stati Uniti.[19] Dopo aver ricevuto i premi, Benigni incontrò l'allora presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro e, stringendogli la mano, esclamò: "Ora ho l'Oscar nelle mie mani!". Oltre a questo, il film fece incetta di premi: 5 Nastri d'Argento, 9 David di Donatello e il prestigioso Grand Prix Speciale della Giuria al 51º Festival di Cannes, con uno scatenato Benigni che si distese ai piedi di un estasiato Martin Scorsese, presidente. Questo film è anche un omaggio di Benigni alla sua terra natale, infatti il film è girato per la gran parte nella città di Arezzo.
Subito dopo quel successo internazionale, scelse di comparire in un film per famiglie di produzione francese, Asterix e Obelix contro Cesare, diretto da Claude Zidi, accanto a Gérard Depardieu, a Christian Clavier e alla modella Laetitia Casta, interpretando Detritus, il perfido "consigliere" di Giulio Cesare.
Lorenzo Cherubini, talvolta accreditato come Lorenzo Jovanotti o semplicemente Jovanotti, è un cantautore, rapper e disc jockey italiano.
Diventa famoso alla fine degli anni ottanta, lanciato da Claudio Cecchetto. Dalla commistione di rap dei primi successi, tuttavia, Jovanotti si discosta ben presto avvicinandosi gradualmente al modello della world music (sempre interpretata in chiave hip hop e funky). All'evoluzione musicale corrisponde un mutare dei testi dei suoi brani, che, nel corso degli anni, tendono a toccare temi sempre più personali, più tipici dello stile cantautorale italiano.
Parallelamente aumenta anche il suo impegno sociale e politico. Pacifista attivo, ha frequentemente collaborato con associazioni come Emergency, Amnesty International, Lega anti vivisezione, Nigrizia e DATA, ha contribuito alle manifestazioni in favore della cancellazione del debito negli anni novanta[8] e successivamente ai movimenti Niente scuse e Make Poverty History, partecipando al Live 8.
Di famiglia toscana, originaria di Cortona, in provincia di Arezzo, nel corso della sua infanzia, Lorenzo è sempre stato solito frequentare tale località: attualmente vi risiede stabilmente e gli è stata conferita la cittadinanza onoraria.
I Negrita sono un gruppo musicale rock italiano, formatosi all'inizio degli anni novanta a Capolona, in provincia di Arezzo. Prendono il loro nome dal brano dei The Rolling Stones Hey! Negrita
Le loro origini risalgono alla seconda metà degli anni ottanta, in cui inizialmente il gruppo (ancora in fase di formazione) decide di farsi conoscere sotto lo pseudonimo Gli Inudibili. Il progetto sembra andare bene e nel 1991 decidono di mandare in giro due demo (Qui fa presto sera e Zingara della notte) a radio indipendenti e vari produttori del circolo musicale underground, ma senza alcun successo. Nel 1992 si aggiunge al gruppo il bassista Franco Li Causi e con il terzo demo-tape raccolgono l'attenzione di un giovane produttore, Fabrizio Barbacci, che decide di metterli sotto contratto Black Out/PolyGram (attualmente marchio Universal), proponendo contemporaneamente alla batteria Roberto "Zama" Zamagni (che aveva già inciso Maciste contro tutti con il Consorzio Suonatori Indipendenti). Il gruppo è in formazione definitiva e, chiusa l'esperienza de Gli Inudibili, decide di chiamarsi Negrita. Nell'estate 1993 lavorano alla registrazione del loro primo album.
A giugno prendono in affitto una casa colonica nei pressi di Capolona, in provincia di Arezzo, ed iniziano un intenso lavoro di pre-produzione dei brani, per poi passare alla registrazione presso il Kingsway Studio di Daniel Lanois a New Orleans, prima dell'uragano che ne ha causato la distruzione (Louisiana, USA) fino a settembre.[4]
Nel febbraio 1997 esce XXX, preceduto dal singolo In un mare di noia. Inizia il tour che durerà sei mesi, ma oltre a portarli nei club si ritroveranno catapultati negli stadi, con il ruolo di sostenitore per Ligabue. Altri singoli di successo sono Sex, A modo mio, e Ho imparato a sognare. Quest'ultimo in particolare, soprattutto grazie all'inserimento nella colonna sonora del film Tre uomini e una gamba del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, portò l'album a vendere oltre 100.000 copie, ottenendo il disco di platino. I videoclip dei singoli sono girati a New Orleans e sono inseriti nella videocassetta XXX, che contiene tutte le fasi di lavorazione del disco.
Paolo "Pau" Bruni – voce, chitarra, armonica a bocca (1991-presente)
Enrico "Drigo" Salvi – chitarra solista, cori (1991-presente)
Cesare "Mac" Petricich – chitarra ritmica, cori (1991-presente)
Giacomo Rossetti – basso, cori (2014-presente)
Guglielmo Ridolfo Gagliano – pianoforte, tastiera, violoncello (2013-presente)
Cristiano Dalla Pellegrina – batteria (2005-presente)
Pupo nasce l'11 settembre del 1955 a Ponticino, frazione di Laterina Pergine Valdarno, in provincia di Arezzo. Il padre Fiorello faceva il postino, la madre Irene Bozzi la casalinga. Entrambi i genitori si dilettavano nel canto e nella recitazione: la mamma in diversi cori del luogo, il padre nell'ottava rima toscana fino a cantare con tanti volti noti come Roberto Benigni. Il nonno Santi Ghinazzi, invece, era soprannominato "il poeta".
Fin da giovane si esibisce in complessi locali e partecipa a concorsi per voci nuove. Ventenne, viene scoperto dal discografico Freddy Naggiar che gli affibbia lo pseudonimo di Pupo e lo mette sotto contratto con la Baby Records. La carriera di cantautore comincia nel 1975 quando Pupo vende oltre venti milioni di dischi, vince 11 dischi d'oro e la Gondola d'oro (1981) per l'album "Più di prima".
Debutta con il singolo "Ti scriverò" ed è subito un successo. Il suo primo album risale al 1976 e si intitola "Come sei bella". Raccoglie il grande successo con le uscite di molti altri 45 giri da classifica: "Come sei bella", "Ciao", "Gelato al cioccolato" (scritta da Cristiano Malgioglio), "Firenze Santa Maria Novella" (dedica d'amore al capoluogo toscano). L'apice della fama è all'inizio degli anni '80: nel 1980 partecipa al Festival di Sanremo con la canzone "Su di noi", che diventa uno dei suoi pezzi più apprezzati. Un appannamento del successo coincide con "Cieli azzurri" (Sanremo 1983) e "Un grande amore" (Sanremo 1984).
Problemi di vita privata legati alla sua passione/mania per il gioco d'azzardo si ripercuotono anche sull'attività professionale, che soffre di una crisi appena sollevata - nel 1986 - dal singolo "La vita è molto di più", cantato in duetto con Fiordaliso. Non solo autore dei suoi testi, Pupo scrive parecchie canzoni anche per amici e colleghi come ad esempio "Sarà perché ti amo", cantata dai Ricchi e Poveri nel 1981 che segna il ritorno in grande stile del trio italiano. Molte canzoni di Pupo intanto vengono tradotte in tedesco, francese, inglese, spagnolo. E nel frattempo la notorietà all'estero, specialmente in Russia e nell'est europeo, resta significativa tanto che Pupo tiene concerti a Leningrado e Mosca, dove nel 1986 ne realizza oltre quaranta.
Nel 1989 Gianni Boncompagni lo scrittura per "Domenica In", e grazie alla televisione Pupo riconquista la notorietà perduta. In questo periodo la voce di Enzo Ghinazzi risuona nei teatri più importanti del mondo: dal Madison Square Garden di New York al Maple Leaf Garden di Toronto, dalla Royal Albert Hall di Londra all'Entertainment Center di Sydney, dall'Olympia di Parigi ai teatri di Tallin. Da queste tournèe nasce anche un album live, "Canada's Wonderland", realizzato a Toronto nel maggio 1991. Altro disco nell'anno successivo: "Enzo Ghinazzi 1" contiene "La mia preghiera", con il quale Pupo partecipa a Sanremo, un brano che ricorda gli spirituals, i canti religiosi dei neri americani e che nasce dal desiderio di sentirsi vicino a Dio.
Altro anno importante è il 1995: dopo tre anni di pausa, incide il nuovo album che viene prodotto e registrato in Svizzera e Germania. È così che - anche grazie all'uscita nei paesi del Centro Europa dei singoli "Senza fortuna" e "La notte" e al disco "Pupo 1996" - arriva il grande rilancio. Pupo ottiene altri consensi, soprattutto a livello internazionale, incide "In Eternità", pubblica un album nel 1998 dal titolo "Tornerò". Dagli anni '90 continua a pubblicare musica ma si dedica soprattutto all'attività televisiva come conduttore di programmi a quiz e varietà, anche come ospite fisso. Appare molto spesso in programmi televisivi come "Quelli che il calcio" in veste di inviato da Firenze e sempre sul piccolo schermo si racconta ne "L'equilibrista".
Nel 2005 è l'inviato in Brasile della seconda edizione del reality show "La fattoria": il suo definitivo rilancio televisivo. Nell'estate del 2005 conduce per la prima volta un programma tutto suo su Rai Uno, il quiz "Il malloppo". Grazie al successo che riscuote gli viene affidata la conduzione del programma "Affari tuoi", programma precedentemente portato al successo da Paolo Bonolis. Dopo una pausa nel marzo 2006 per una tournée, il cantante si rifiuta di condurre la trasmissione "Affari tuoi" nella stagione 2006/2007 (invitando la Rai a "far riposare il programma, perché va cambiato"); comincia così in qualità di conduttore un nuovo programma estivo, "Tutto per tutto".
Nel 2007 commenta con Fabio Caressa e Stefano De Grandis su SKY Sport il primo campionato italiano di poker al casinò di Venezia, forte della sua passione per il gioco d'azzardo; Pupo canta pure la sigla della trasmissione, da lui scritta. Partecipa da concorrente al torneo delle celebrità ed in estate conduce il preserale "Reazione a catena" su Raiuno. Per il primo canale viene chiamato anche a condurre alcuni programmi test: il primo a dicembre 2007 è "Chi fermerà la musica" (trasmesso regolarmente in "prime time" in primavera), ed a gennaio "Tutti alla lavagna". In estate conduce nuovamente "Reazione a catena".
Sposato dal 1974 con la moglie Anna, ha una relazione dichiarata da vent'anni con la manager Patricia Abati. È tifoso di due squadre di calcio: Fiorentina e Arezzo (per quest'ultima ha scritto l'inno "Canzone Amaranto"). Artista impegnato anche nel sociale, Pupo è uno dei fondatori della Nazionale italiana cantanti.
Dal 20 settembre del 2008 conduce insieme ad Ernesto Schinella, (il bambino lanciato da "Ti lascio una canzone") "Volami nel cuore" nel sabato sera di Raiuno. Nel 2009 partecipa al Festival di Sanremo assieme a Paolo Belli e Youssou 'N Dour con la canzone "L'opportunità".
All'inizio del 2010 conduce, per la seconda volta, l'ottava edizione de "I Raccomandati" (prima serata su Rai Uno). Partecipa per la sesta volta al Festival di Sanremo 2010, insieme al Principe Emanuele Filiberto di Savoia e al tenore Luca Canonici. Il trio presenta una canzone definita "patriottica" verso l'Italia, intitolata "Italia amore mio". La canzone pur non essendo ben accolta da parte del pubblico in sala, che fischia clamorosamente il trio, arriva in finale e si classifica seconda, dietro quella del vincitore Valerio Scanu.
Enzo Boschi , nato ad Arezzo il 27 febbraio 1942 è stato un geofisico italiano, socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei dal 1982 e presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica (in seguito divenuto Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) dalla sua fondazione nel 1982 al 2011.
Lo scienziato era tra i massimi esperti europei in materia di terremoti. Era considerato lo "scienziato dei terremoti"
Dopo aver proseguito gli studi in Inghilterra (Università di Cambridge), Francia (Laboratoire des Hautes Pressions del CNRS a Parigi) e Stati Uniti d'America (California Institute of Technology di Pasadena e Università Harvard), è stato nominato professore ordinario di Sismologia all'Università di Bologna (1975).
Dal 1982 è socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei[1]. Dal 1983 fa parte della Sezione Sismica della Commissione "Grandi Rischi" dell'allora Ministero per il coordinamento della Protezione Civile; nello stesso anno diventa presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica ("ING").
Nel 1988 è stato nominato presidente della commissione per la prevenzione dai disastri naturali del Ministero dei Lavori Pubblici. Nel 1989 è stato nominato presidente del Consiglio Nazionale Geofisico ("CONAG") del Ministero per l'Università e la Ricerca Scientifica e Tecnologica. Nel 1991 è stato nominato membro del comitato nazionale italiano per il "Decennio internazionale per la riduzione dei disastri naturali". Nel 1992 è stato nominato membro dell'Accademia Europea.
Nel 1996 è stato nominato membro del consiglio d'amministrazione e vicepresidente del Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana. Dal 1999 è il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ("INGV"), l'ente italiano che, fra le altre attività, gestisce la rete di controllo sui fenomeni sismici e vulcanici, ed ha organizzato il monitoraggio di tutti i vulcani attivi italiani. Nel 2002 diviene fellow dell'American Association for the Advancement of Science ("AAAS").
Nel 2003 assume la presidenza del Land Subsidence Committee. Dal 2005 è Socio dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, nonché componente del Collegio della Fondazione della Cassa di Risparmio in Bologna. Nel 2007 diventa socio ordinario nel Catalogo degli Accademici Incamminati. È autore di oltre 200 pubblicazioni, fra cui alcune divulgative. L'11 agosto 2011 il Ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini, non potendo rinnovare ulteriormente il suo mandato, decide di sostituire Boschi alla presidenza dell'INGV dopo 12 anni (28 se si conta anche il periodo alla guida dell'ING) con Domenico Giardini, allievo dello stesso Boschi e da anni presidente del Centro Sismico elvetico.
Nato a Castiglion Fiorentino, la sua passione per l'enduro lo porta, fin da ragazzo, alla carriera motociclistica.
Nel 1974 compra la sua prima moto, una Ancillotti 50 cm³, con la quale partecipa a gare di enduro regionali l'anno successivo e conseguirà ottimi risultati. Poi passa a guidare una Beta 125 cm³ e una SWM 125 cm³. Nel 1978 lascia gli studi di ingegneria e si dedica completamente alle moto, vincendo il campionato italiano 125 e secondo nel campionato italiano 125 junior con una Fantic Motor. Nel 1979 passa alla categoria senior con una Ancillotti 250 cm³ ed entra nella nazionale di enduro. Nel frattempo deve fermarsi causa servizio militare ma riprende le gare nel 1981 su di una SWM sia 175 sia 350 cm³. Nel frattempo apre con l'amico Paolo Acciai un negozio officina di moto da cross ed enduro, la STEELS che è il cognome di Paolo tradotto in Inglese.
Nel 1988 diviene campione italiano di enduro ma è nel 1989 che avviene la svolta: noleggia una KTM 350 cm³ e partecipa al suo primo rally, l'Incas Rally in Perù. Giunge quarto e scopre la sua vera vocazione. L'anno successivo prepara una KTM 500 cm³ 2t per partecipare al Rally di Tunisia ma cade e s'infortuna. Torna in Perù e questa volta vince il Rally.
La consacrazione nella Dakar
Nel 1997 Fabrizio viene scelto dalla KTM come pilota ufficiale per partecipare alla Parigi-Dakar ma cade purtroppo al secondo giorno, infortunandosi al polso e costretto a ritirarsi. L'anno successivo arriva nella stessa gara secondo dietro a Stéphane Peterhansel. Il 1999 è un anno cruciale: arriva terzo quasi al traguardo dove rompe il motore, che viene sistemato e termina al decimo posto. Iniziano i dissapori con la casa austriaca anche perché viene ridimensionato il budget e interrompe quindi il contratto, ma viene richiamato dopo che ha vinto altri due rally. Vince in Tunisia ed Egitto, fino alle due vittorie nella Parigi-Dakar nel 2001 e nel 2002. Nel 2003 Fabrizio in sella alla sua KTM è vincente al Rally di Tunisia. Poco dopo il suo 45º compleanno partecipa alla Dakar e ottiene un terzo posto dietro ai francesi Richard Sainct e Cyril Despres su KTM. La KTM 950 Rally che lo ha portato a vincere nel 2002 è stata meno affidabile delle monocilindriche che infatti si sono aggiudicate i primissimi posti; inoltre la caduta alla quattordicesima tappa è stata cruciale. Però la vittoria della tappa successiva, quando ferito e dolorante arriva primo, conferma la sua tempra e volontà di vincere.
Fabrizio Meoni muore a causa di un arresto cardiaco, in seguito ad una caduta nella quale si rompe due vertebre cervicali, durante l'edizione del 2005 della Parigi-Dakar, al km 184 dello sterrato tra Atar e Kiffa (Mauritania), in quello che sarebbe già di per sé dovuto essere il suo ultimo raid.
Inizia gli studi musicali nel 1957, sotto la guida del maestro Mario Gordigiani, grande erede della tradizione flautistica italiana e primo flauto dell'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Nel 1964 diventa allievo di Severino Gazzelloni, pioniere della riscoperta moderna del flauto in Italia, e tra i due inizia un rapporto di collaborazione artistica e amicizia. Fabbriciani diviene assistente di Gazzelloni all'Accademia Chigiana di Siena e giovanissimo fa parte dell'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e dell'Orchestra del Teatro alla Scala di Milano.
Agli inizi degli anni settanta entra in contatto con alcuni dei più importanti compositori dell'avanguardia musicale internazionale, tra cui Bruno Maderna, Luigi Nono, Salvatore Sciarrino e Brian Ferneyhough.
Inizia la carriera da solista, collaborando con importanti compositori tra cui: Camillo Togni - con il quale studia composizione - Luciano Berio, Pierre Boulez, Sylvano Bussotti, John Cage, Elliott Carter, Luigi Dallapiccola, Luis de Pablo, Franco Donatoni, Brian Ferneyhough, Lorenzo Ferrero, Jean Françaix, Ernst Krenek, György Kurtág, György Ligeti, Bruno Maderna, Olivier Messiaen, Ennio Morricone, Goffredo Petrassi, Henri Pousseur, Wolfgang Rihm, Nino Rota, Salvatore Sciarrino, Karlheinz Stockhausen, Tōru Takemitsu e Isang Yun.
Molti compositori gli dedicano opere da lui eseguite in prima assoluta e altri si avvalgono delle sue doti di interprete per approfondire la ricerca musicale e compositiva. Importante fu la collaborazione con il compositore Aldo Clementi, che dedicò a Fabbriciani un brano, Fantasia su roBErto FABbriCiAni (1980) per flauto solo e per flauto e nastro magnetico. “Fantasia su roBErto FABbriCiAni è un brano costruito per flauto solo con una base di flauti pre-registrati; rappresenta una grande stratificazione di suoni che formano una foresta di note, dove il flauto dal vivo non è altro che una piccola pianta che cerca di prendere luce, che cerca di non essere soffocata ma di farsi ascoltare, spiega Roberto Fabbriciani.
Suona come solista con i direttori Claudio Abbado, Luciano Berio, Riccardo Chailly, Peter Eötvös, Gianandrea Gavazzeni, Michael Gielen, Cristóbal Halffter, Peter Maag, Bruno Maderna, Riccardo Muti, Giuseppe Sinopoli, Lothar Zagrosek e con le orchestre del Teatro alla Scala di Milano, dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, della RAI, con l'Orquesta Nacional de España, con la London Sinfonietta e molte altre.
Ha tenuto concerti presso il Teatro alla Scala, la Filarmonica di Berlino, la Royal Festival Hall di Londra, la Suntory Hall di Tokyo, la Sala Cajkowskij di Mosca e Carnegie Hall di New York ed ha partecipato a diversi festival internazionali.
Particolarmente intensa è stata la collaborazione di Fabbriciani con il compositore Luigi Nono, iniziata intorno al 1978 e durata fino al 1990, anno di morte del compositore. I due musicisti lavorano insieme a lungo presso lo studio sperimentale della SWF a Friburgo in Brisgovia.
La loro collaborazione porterà alla realizzazione di diverse opere, tra cui il Prometeo, per solisti vocali e strumentali, coro misto, 4 gruppi strumentali e live electronics. La prima esecuzione assoluta dell'opera avvenne a Venezia nell'ambito della Biennale Musica del 1984. Una seconda versione venne prodotta dal Teatro alla Scala, a Milano presso l'Ansaldo nel 1985. Altri brani da ricordare sono sicuramente A Pierre. Dell'azzurro silenzio, inquietum (1985), composizione dedicata a Pierre Boulez per flauto contrabbasso, clarinetto contrabbasso e live electronics, Das atmende Klarsein (1981), per piccolo coro, flauto basso, live electronics e nastro magnetico, con testi da Rainer Maria Rilke, Quando stanno morendo. Diario polacco II (1982) e da antiche lamallae orfiche, a cura di Massimo Cacciari e la composizione Caminantes...Ayacucho (1986-87) per mezzo soprano, flauto, coro, organo, tre gruppi orchestrali, e live electronics.
Roberto Fabbriciani mostrò, fin dall'inizio della sua carriera, un interesse particolare per l'elettronica che lo porterà a sperimentazioni avanguardistiche e pionieristiche, come nel caso del già citato brano A Pierre. Dell'azzurro silenzio, inquietum, o in diversi brani di sua composizione, ad esempio Quando sorge il sole, per flauto e nastro magnetico; Abyss per flauto iperbasso, motion capture e live electronics; Zeus joueur de flûtes (2006-08), per flauto, nastro magnetico e live electronics composto assieme ad Henri Pousseur.
Carlo Alberto Neri pianista, direttore d'orchestra e compositore italiano. Ha studiato con i maestri Nardi, Rosati e Donatoni e si è diplomato al Conservatorio di Firenze. Ha insegnato al Conservatorio di Bologna e Cesena, dal 1980 è titolare di Pianoforte Principale al Conservatorio di Perugia.
Ha ricevuto numerosi premi tra cui l'“Award” e “Cattedra Honoris Causa” ( New York 1985-1987).
I più grandi autori gli hanno dedicato opere (John Cage, Franco Donatoni, Karlheinz Stockhausen, Milko Kelemen, Paolo Renosto, Sylvano Bussotti, Goffredo Petrassi, Jaques Castérède, Julien François Zbinden, Brian Ferneyhough etc..); da lui poi realizzate in prima esecuzione mondiale;
È autore di composizioni sinfoniche, cameristiche e didattiche: “Touring Club, dove andare in vacanza”, per 3 attori ed ensemble (Commissionata dalla New York University, Carnegie Hall 1988), “Suite Breve Hiroshima” per pianoforte archi e timpani, "Montevideo Guitar Concert" per chitarra ed orchestra, “Icaro's Flight” per voce recitante, pianoforte e quintetto a fiati, “Etesios Ethos” per violino clarinetto e pianoforte, “Suite per 2 flautisti” , “4 Frammenti per chitarra” , “3 Invenzioni dodecajazz” per pianoforte, “Res” per pianoforte e nastro magnetico, “2 Episodi” per oboe e violoncello, “Self-Service Album” per vari strumenti, “Libro Rosso”,100 brani per uso didattico. Ha altresì elaborato per pianoforte coro ed orchestra la "Leggenda San Francesco di Paola cammina sulle onde" di Franz Liszt e per pianoforte ed archi due brani tratti dalle Sonate di Ludwig Van Beethoven.
Come pianista e direttore d'orchestra ha effettuato concerti alla Carnegie Hall di New York, Teatro Regio, Teatro La Fenice, Metropolitan, Biennale di Venezia, Rai Tv, Festivals ed orchestre di New York, San Pietroburgo, Varsavia, Manchester, Salisburgo, Tokio. Ha inoltre collaborato con Roberto Fabbriciani, Severino Gazzelloni, Giuseppe Di Stefano, Magda Olivero, Katia Ricciarelli, Cecilia Gasdia, Roberto Michelucci e realizzato spettacoli con attori quali Arnoldo Foà, Nando Gazzolo, Giulio Bosetti, Riccardo Cucciolla, Andrea Giordana. Ha effettuato registrazioni discografiche di opere classiche e contemporanee per la RCA, Charleston, Xerces, tra cui l'esecuzione integrale dell'”Arte della Fuga” di Johann Sebastian Bach ed è invitato spesso da Accademie ed Università di Europa, Stati Uniti e Giappone a tenere Master Class, Seminari, Corsi di Interpretazione pianistica, di direzione d'orchestra e composizione ed a far parte di giurie di Concorsi internazionali. Nel 2004 è stato nominato Direttore principale della "Kammerorchester Serenaden Salzburg” di Salisburgo.
Quartiere di Porta Crucifera P.I. 92057120518
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FOTOGRAFIE
Alberto Santini e Maurizio Sbragi
collaborazione fotografica di Fotozoom: Giovanni Folli - Claudio Paravani - Lorenzo Sestini - Fabrizio Casalini - Marco Rossi - Acciari Roberto