Nel 1913 il Consiglio Provinciale aveva deliberato l’inizio dei lavori di ristrutturazione di due palazzi che si affacciavano sul duomo determinandone il ripristino e l’ampliamento che permise di avere lo spazio adeguato per un’ampia sala consiliare.
Nel 1921 l’ingegnere Giuseppe Paoli, autore e direttore del progetto, scelse l’artista marchigiano, all'epoca noto e molto apprezzato, preferendolo a Galileo Chini.
Il tema dominante dell’intero programma iconografico, ideato dallo stesso Paoli, è l’esaltazione della Terra Aretina, bagnata da i due grandi fiumi, Tevere e Arno, iniziando dagli stemmi di dieci comuni della provincia ancora visibili nella parte superiore dei vetri delle grandi finestre che si affacciano verso il Duomo, per concludersi nel grande affresco della parete di fondo con i Grandi Aretini.
Il tema degli uomini Illustri è il punto iniziale della decorazione, intorno al quale si articolano i soggetti raffigurati sulle altre pareti con grandi fregi raffiguranti il lavoro dei campi e il lavoro nelle miniere. Secondo un gusto neo-quattrocentista, assai diffuso all'inizio del Novecento, il De Carolis ha concepito l’affresco come un grande fondale architettonico, sormontato dallo stemma di Arezzo e dalle figure allegoriche della Storia, della Tradizione, delle Arti e delle Scienze e davanti al quale, entrando da due aperture poste alle estremità della scena, rispettivamente a sinistra e a destra, passano i personaggi illustri che hanno avuto i natali nella città e nei comuni della Provincia aretina.
La scelta dei soggetti è stato il risultato di una stretta collaborazione con l’allora Regia Accademia Petrarca e con alcuni eruditi locali, primo tra tutti, Ugo Viviani.